Due ma non DueTwo but not Two


Aperture ed incontri nell’arte degli anni post Basaglia.

Con l’entrata in vigore della legge 180, si è assistito ad una trasformazione degli antichi manicomi in strutture sanitarie a regime aperto che hanno promosso ai loro interni lo sviluppo d’attività creative quali atelier d’arti figurative, teatro, musicoterapia. Tra questi laboratori, differenti fra loro nelle intenzioni e motivazioni, ne emergono alcuni caratterizzati dalla conduzione di una particolare ricerca. Sorti spontaneamente dietro l’iniziativa individuale di un medico, di un appassionato d’arte o di un artista visivo, condividono l’obiettivo principale d’incoraggiare la libertà espressiva dei pazienti, fornendo loro un luogo adeguato, strumenti tecnici e concettuali consoni ed in generale un supporto professionale per accompagnarli all’interno di un autentico percorso artistico. All’interno di questi laboratori, tra i numerosi autori che vi si sono formati, molti hanno trovato accoglienza nel vasto ed eterogeneo mondo della “art brut/outsider art” in Italia come all’estero. Questo modo di concepire la pratica artistica è alla radice d’altre esperienze italiane nate in seguito al cambiamento epocale che fu la chiusura dell’istituzione manicomiale. Saldare le ferite causate da anni di separazione, essere l’inizio o la fine di un racconto, spingersi nel corpo ferito per tracciare i segni delle proprie ferite; questo il ruolo dell’ “animatore incoraggiante” che si delinea nelle arti visive a partire dalla pratica del Laboratorio P a Trieste. Questa esperienza pionieristica trascenderà i confini in cui è nata e con la sparizione dell’istituzione sanitario-carceraria si allargherà a partire dagli anni Ottanta in tutti i territori creativi, dal teatro alla pittura che coinvolgono rapporti con artisti che hanno vissuto o che vivono un disagio psicofisico. E se lo scopo di quelle lotte (che ormai sono parte della storia italiana della follia) è stato quello di dare dignità, e re-inserimento nel tessuto sociale alle parti lacerate, ora s’impone spontaneo il superamento di catalogazioni dicotomiche come arte irregolare/regolare – dedans/dehors – inside/outsider. Due ma non due: il profondo legame tra artista outsider ed artista maieuta, la loro comunione creativa, la loro precisa individualità…. Ho tentato, nel riparo della loro intimità e segretezza, di scoprire quali legami s’instaurano tra l’artista “tutor” o conduttore e l’artista partecipante al laboratorio. “Due ma non Due. Aperture ed incontri nell’arte degli anni post Basaglia” confronta ora in dialogo, ora in opposizione, il lavoro degli artisti di questi Atelier. Ruggero Cazzanello e Michele Munno dell’Atelier Adriano e Michele – San Colombano al Lambro (MI), Franco Bellucci e Riccardo Bargellini dell’Atelier Blu Cammello – Livorno, Antonio Dalla Valle e Paola Pontiggia dell’ Atelier La manica lunga, officina creativa – Sospiro (CR), e Guido Boni e Massimo Mensi del Centro di attività espressive “La Tinaia”, Firenze. Nuove “rivoluzioni umane” sorte all’ombra del sogno di Franco Basaglia. Focolai sparsi che attingono ad un grande fuoco originario.

Io sono “con” l’altro.

Io sono con la mia storia.

Io sono un altro.

E gli altri sono la mia storia.

Eterna metamorfosi dell’ Uno originario.

Gustavo Giacosa

 

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